
Oggi, 9 maggio, è una data simbolo per svariate ragioni. Si ricorda l’80esimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa, ricordata in modo contrapposto da Vladimir Putin e dall’Unione Europea con Zelensky, si ricorda il 47esimo anniversario dell’uccisione di Aldo Moro e del ritrovamento del suo corpo in Via Caetani, a Roma, e si celebra la Giornata dell’Europa, ricorrendo il 75esimo anniversario della Dichiarazione Schuman che diede il via al processo di integrazione europea. Su quest’ultima ricorrenza riceviamo, e volentieri pubblichiamo, la riflessione del prof. Silvano Marseglia, per lunghi anni Dirigente scolastico a Ostuni, di cui è cittadino onorario e Presidente europeo dell’AEDE (Association européenne des enseignants). Silvano Marseglia è componente del Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC) di Ostuni e del Rotary Club Ostuni-Valle d’Itria-Rosamarina).
Ferdinando Sallustio
9 MAGGIO 2025.
75° ANNIVERSARIO
DELL’INTEGRAZIONE E DELLA PACE PER L’EUROPA
Silvano Marseglia
Nella foto: i tre “padri” dell’Europa: il tedesco Konrad Adenauer, l’italiano Alcide De Gasperi, il francese Robert Schuman
La data del 9 maggio identifica la nascita del processo di integrazione europea e riveste un notevole valore simbolico.
Quest’anno celebriamo il settantacinquesimo anniversario di quella storica conferenza stampa, convocata il 9 maggio 1950, nella Sala dell’Orologio del Quai d’Orsay a Parigi, dall’allora Ministro degli Affari Esteri francese, Robert Schuman.
Egli lanciò un nuovo piano di cooperazione europea, nel campo del carbone e dell’acciaio, e prospettò, così, il superamento della rivalità tra la Francia e la Germania e pose le basi per una duratura amicizia e cooperazione fra i popoli.
Quello di Schuman, infatti, fu un gesto formidabile con cui non solo suggellò la fine di un’epoca di conflitti, durata più di due secoli, tra Francia e Germania, ma anche segnò l’inizio di una collaborazione profonda che avrebbe favorito un processo di integrazione europea, al quale avrebbero aderito, progressivamente gli altri Stati della nostra Europa.
Con questa dichiarazione si dà il via, infatti, al progetto di integrazione europea.
Quando nel ’50 in nome della pace e della solidarietà parte questo progetto, il carbone è la fonte energetica primaria. Con l’accordo economico del carbone e dell’acciaio questo cammino insieme si rende possibile e tramite l’istituzione di un’Alta Autorità, si avvia, così, il processo di integrazione fra le nazioni europee aderenti.
L’aspetto rivoluzionario e nuovo non era tanto la creazione della CECA, ma il significato che questa nuova istituzione in prospettiva avrebbe avuto. Una rilettura della dichiarazione di Schuman rende molto chiara quale fosse l’idea che guidava questo passo. Esso avrebbe dovuto rappresentare l’inizio dell’affermazione di un’Europa unita nel mondo, in qualità di terzo polo rispetto alle due superpotenze, come promotrice di una cultura della pace. Si trattava anche di conservare la coscienza di condividere uno stesso destino, maturata durante la Seconda guerra mondiale da parte degli europei e di trasmetterla al resto del mondo.
Proprio in quell’Europa ancora coperta di macerie, e dopo tante morti, Robert Schuman ha l’audacia di trasformare il carbone e l’acciaio, strumenti di guerra e di contesa da più di ottant’anni fra Francia e Germania, in pacifici strumenti di riconciliazione.
Ora, il fatto che nel mondo di oggi, continuano a crescere le contrapposizioni tra varie potenze, con una perenne instabilità, rende ancora più attuale la necessità di dare ai popoli dei Paesi ‘liberi’ un motivo di speranza e di rafforzare le nostre ambizioni come europei.
Oggi, soprattutto, si rende sempre più necessario raccogliere il messaggio di pace insito nella Dichiarazione Schuman ed impegnarsi per diffondere nel mondo una cultura di pace.
In questo momento, purtroppo, invece della pace auspicata, ci troviamo ancora dinanzi a situazioni di grandi tensioni ed alla terribile guerra in Ucraina, generata dalla Russia, che sta seminando stragi e morti tra i civili e, purtroppo, anche tra i bambini.
Molto incisive e forti le parole di Schuman quando afferma che “la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano” e quando afferma che “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.
La Dichiarazione Schuman è chiaramente il documento fondatore del processo di unificazione europea. Con esso ha avuto inizio l’effettiva costruzione di un’Europa unita e si è avuto un contributo decisivo per la realizzazione della pace.
Già il 5 agosto 1943 ,Jean Monnet, amico e consigliere di Schuman, affermò: “Non ci sarà pace in Europa se gli Stati verranno ricostituiti sulla base della sovranità nazionale. Gli Stati europei sono troppo piccoli per garantire ai loro popoli la necessaria prosperità e lo sviluppo sociale. Le nazioni europee dovranno unirsi in federazione”.
Per unire l’Europa si scelse la strada dell’armonizzazione delle economie. Attraverso “piccole realizzazioni”, passo dopo passo, si era fiduciosi di poter arrivare all’unità politica.
Nonostante siano stati fatti notevoli passi avanti nel processo di integrazione europea, il traguardo finale, dopo 75 anni, non è stato ancora raggiunto.
Resta, pertanto, urgentemente attuale l’esigenza di realizzare la finalità ultima della Dichiarazione, la federazione europea, ma è altresì attuale la strategia del nucleo di avanguardia da essa indicata. Schuman, infatti, afferma che l’Europa non potrà essere costruita tutta insieme ma sorgerà da realizzazioni concrete. Ciò significa che occorre continuare a realizzare tutti i progressi possibili nel quadro del Trattato di Lisbona, soprattutto per quanto riguarda il governo economico europeo ed il ruolo internazionale dell’Unione Europea.
Occorre, inoltre, l’avvio, sulla base dei Paesi disponibili, di un processo di transizione verso la federazione europea. Ciò significa il trasferimento a livello europeo della sovranità nella politica estera, di sicurezza, economica, almeno negli aspetti generali, con l’attribuzione di risorse finanziarie e di mezzi sufficienti per consentire una adeguata capacità di azione e di governo.
In questa situazione la Dichiarazione Schuman deve far riflettere l’Europa, ponendola nella condizione di prendere coscienza della sua inconsistenza sul piano della politica di difesa e della politica estera.
L’Europa, nata dalle macerie di una guerra che ha avuto come punto focale l’espansionismo tedesco, ha sempre portato avanti la causa del multilateralismo e della pace. Può sembrare contraddittorio, pertanto, sostenere la necessità che essa si rafforzi e cerchi di diventare potente nello scacchiere mondiale, ma non bisogna dimenticare che dall’altra parte vi è una realtà ben più dura, in cui sono molti gli attori pronti a ricorrere alla forza per raggiungere i loro obiettivi.
A prima vista, certamente, può sembrare difficile raccogliere questa sfida: dopo tutto, l’Unione è nata proprio per porre fine a politiche di potere. D’altra parte, però, bisogna considerare che una Europa incapace di agire nell’attuale contesto mondiale avrebbe scarse possibilità di affermazione.
Tenuto conto che è ancora la politica di potenza a regolare gli equilibri mondiali bisogna convincersi che per garantire una vera affermazione dei valori per cui è nata, l’UE deve riuscire a parlare anch’essa il linguaggio del potere.
Questo è un dato di fatto e va riconosciuto come tale: non possiamo immaginarci un ruolo o un intervento dell’UE che sia avulso dalla attuale situazione di potere.
E’ la situazione di potere che consente agli Stati che, per vari motivi, sono assurti ad un ruolo di importanza a livello mondiale, di approfittare della propria posizione come di un’arma per proiettare nel mondo i propri interessi geostrategici.
I Paesi, troppo piccoli o sottosviluppati, non hanno nemmeno le carte per partecipare a questo “grande gioco” e devono sottostare alle mosse altrui.
Esiste, nel mondo, una logica spietata dove non la guerra, quanto la minaccia di essa governa i rapporti tra gli Stati. Spesso le controversie internazionali trovano soluzione in funzione di quanto e di come uno Stato possa far valere le proprie prerogative e il proprio peso. I rapporti internazionali, in poche parole, si basano, spesso, sulla valutazione delle ipotetiche conseguenze di una potenziale guerra che possa coinvolgere i Paesi interessati.
In sostanza, emerge chiaramente la necessità che l’Unione Europea debba organizzarsi e rafforzarsi per poter essere un attore primario sul piano internazionale. Purtroppo qui risiede l’aspetto più problematico, dovuto alla farraginosa struttura istituzionale dell’Unione, poiché le decisioni politiche dipendono in modo cruciale dalle istituzioni comunitarie che sono basate sul principio intergovernativo e, quindi, generalmente dall’unanimità dei governi nazionali.
Si evidenzia, pertanto, da parte dell’Europa, una particolare fragilità e inconsistenza nei settori della difesa e della politica estera.
L’Unione Europea ha, certamente, ampie possibilità di azione in campo economico e politico ma oggi, purtroppo, non dispone della capacità di agire. Per poter avviare nuove relazioni e risolvere queste sue fragilità è necessario che essa innanzitutto si doti di un governo e di una propria politica estera. E’ ciò che tutti speriamo possa verificarsi presto.
In conclusione bisogna attentamente ricordare che dall’odio, dalla discordia, dalla lotta fratricida, Schuman ha fatto spuntare germogli di pace e ha tradotto la speranza di milioni di cittadini in un concreto atto di fratellanza.
Questo atto che ha assicurato la pace per tanto tempo potrebbe diventare molto incerto se gli Europei non raccogliessero l’importante lezione del 9 maggio di settantacinque anni fa.
9 maggio 1945: la radio annuncia la fine della Seconda guerra mondiale in Europa. L’annuncio viene dato da Corrado Mantoni, che diventerà poi uno dei volti più noti della nostra TV col solo nome di Corrado