XXVI domenica per annum B
Accogliere sempre le opere di Dio
Gesù stava insegnando ai Dodici Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome accoglie me e chi accoglie me non accoglie me ma colui che mi ha mandato (Mc 9,37); la sua parola, però, ancora una volta rimaneva incompresa. Marco, infatti, prosegue raccontando: gli disse Giovanni: “Maestro, abbiamo visto uno che cacciava demoni nel tuo nome e glielo impedivamo perché non ci seguiva” (Mc 9,38).
Giovanni, baldanzoso per la proibizione fatta, si aspettava approvazione e lode, non rendendosi conto che – come Pietro (Mc 8,32) – dicendo perché non ci seguiva si era collocato al posto del Maestro. Gesù, in linea con l’Antico Testamento (Nm 11,25-29) aveva una diversa comprensione della questione: superava la contrapposizione “noi” /“loro” ponendo l’appartenenza a Dio, concretizzata in agire per la liberazione degli uomini (cacciava demoni) prima dell’appartenenza al gruppo (perché non ci seguiva).
Alla sicurezza baldanzosa di Giovanni, perciò, replicava Non glielo impedite perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi (Mc 9,32-33): quanto libera, promuove, fa crescere l’uomo, in particolare il piccolo (Mc 9,42), è opera di Dio, chiunque la compia.
Il discepolo di Cristo non può che accogliere con gioia queste opere di Dio, valorizzarle, rendere grazie per esse e insieme accogliere con disponibilità uomini e donne che le compiono, valorizzarli, rendere grazie perché ci sono. Su questo fondamento vive le relazioni fra le Chiese e fra le religioni, fra credenti e non credenti, con quanti incontra nel cammino.
Nell’orizzonte dell’accoglienza delle opere di Dio, Gesù dà due ammonimenti ai discepoli.
Dicendo Chiunque vi darà da bere un picchiere d’acqua nel mio nome perché siete miei di Cristo, non perderà la sua ricompensa (Mc 9,41), li invita a pensarsi come i piccoli che – o sulle strade della missione o nel fuggire dalla persecuzione – avranno bisogno di attenzione solidale, grati a chiunque verrà loro vicino, anche solo portando un bicchiere d’acqua.
Il secondo ammonimento riguarda avverte il discepolo del pericolo d’essere d’inciampo (in greco skàndalon) alla fede dell’altro, del piccolo. L’apertura chi scandalizza solo uno di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina di mulino e sia gettato nel mare (Mc 9,42) si esemplifica poi in situazioni di vita non conformi all’evangelo: quando la mano (Mc 9,43) compie azioni cattive quali omicidi e furti, quando il piede (Mc 9,44) conduce verso l’altro instaurando relazioni ingiuste, quando l’occhio (Mc 9,45) cede a desideri e bramosie il discepolo diviene inciampo al credere. Può persino generare incredulità e rifiuto: “Nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti nella misura in cui per aver trascurato di educare la propria fede e per una presentazione ingannevole della dottrina, ed anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondano e non che manifestino il genuino volto di Dio e della religione” (GS 19).
Oggi siamo portati a pensare subito ai gravissimi episodi di pedofilia che vanno emergendo; ma già don Lorenzo Milani denunciava lo scandalo delle connivenze con i potenti, né possiamo dimenticare il rammarico di don Tonino Bello per le esitazioni nello “svergognare” (così lui traduceva il ripudiare della Costituzione) la guerra per costruire pace e giustizia.