Battesimo del Signore
Immerso nell’umanità, Figlio amato
Il tempo di Natale si chiude superando definitivamente le, talora devianti, commozioni di Betlemme e puntualizzando la finalità dell’incarnazione del Figlio di Dio: ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e preparare per sé un popolo che gli appartenga (Tt 2,14).
L’evangelo di Luca (3,15-16,21-22) identifica quanti erano presso il Giordano per essere battezzati da Giovanni quale popolo in attesa (Lc 3,15): evocano il popolo in attesa della benedizione non pronunciata di Zaccaria nel tempio di Gerusalemme (Lc 1,24); lasciano trasparire tutto il popolo destinatario della gioia grande annunciata nei cieli di Betlemme (Lc 2,10); rappresentano i credenti di oggi, chiamati ad interrogarsi sulle attese suscitate sia dal Natale appena celebrato sia dall’annuncio del Giubileo appena ricevuto; in loro ci ritroviamo anche noi chiamati ad interrogarci se oggetto delle nostre attese e speranze sia veramente Cristo (Lc 3,15).
Per l’evangelista, infatti, risposta all’attesa è Gesù di Nazaret, già identificato quale Salvatore … Cristo Signore (Lc 2,11). Lo presenta giungere, già circa trentenne, sulla scena del racconto mescolato ad un popolo che confermava la sua attesa di salvezza accogliendo la predicazione di Giovanni e facendosi immergere da lui nelle acque del Giordano (Lc 2,21).
L’evangelo di Luca non racconta l’arrivare di Gesù, né il suo chiedere a Giovanni di essere immerso come gli altri nel Giordano, né riconoscimenti ed esitazioni di Giovanni; focalizza l’attenzione sul fatto che nell’essere immerso /battezzato di tutto il popolo anche Gesù è stato immerso /battezzato (Lc 3,21). Con questa breve annotazione annuncia quanto l’evangelo di Giovanni proclama nella poetica teologia della pagina iniziale Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in noi (Gv 1,14): Gesù di Nazaret, immerso con gli altri uomini nelle acque del Giordano, mostra la totale immergersione nella condizione umana, eccetto il peccato (Eb 4,15) del Figlio di Dio e il suo essere via per una Chiesa “realmente e intimamente solidale con il genere umano e la sua storia” (GS 1).
L’essere immerso nell’umanità diviene per Gesù stare in preghiera (Lc 3,21), stare davanti a Dio “con tutta la forza del cuore, del corpo e dell’anima” (ROSANNA VIRGILI), ricordando ai credenti che “essere figli diletti è sempre dono di grazia”, persino per lui (R. VIRGILI).
La risposta del Padre all’immersione di Gesù nell’umanità e al suo stare in preghiera è l’aprirsi dei cieli (Lc 3,21; Is 63,19b) per il discendere su lui dello Spirito (Lc 3,22), dono riservato anche allo stare in preghiera della Chiesa (At 1,14; 2,1; 4,31).
Il discendere dello Spirito su Gesù proclama l’inizio di un tempo nuovo, una creazione rinnovata (Gen 1,2) e riconciliata (Gen 8,10-12) nella quale Dio torna a parlare agli uomini dicendo all’uomo Gesù di Nazaret Tu sei il figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento (Lc 3,22); quanto lui dirà e farà avrà autorevolezza proveniente da Dio stesso.
Assicurando in te ho posto il mio compiacimento (“eudòkesa”) lo dichiara uomo del compiacimento di Dio, primogenito (Rm 8,30) di tanti uomini e donne del compiacimento (“tès eudokìas” – Lc 2,14), quelli che il Padre ama dell’amore inesauribile, rivelatosi nell’incarnazione morte e resurrezione del Figlio e donato attraverso i sacramenti della Chiesa; accolto in modo straordinario nell’Anno Santo in corso.