III domenica di Avvento A
Non scandalizzarsi delle opere del Cristo
Il Vegliate (Mt 24.42) e il Divenite pronti (Mt 24.44) della prima domenica di Avvento, declinati in Convertitevi (Mt 3,2) nella seconda, divengono nella terza Beato chi non trova in me motivo di inciampo (Mt 11,6).
Il contesto narrativo indica Giovanni il Battista quale primo destinatario di questo ammonimento di Gesù: avendo sentito in carcere delle opere di Cristo, avendo inviato, per mezzo dei suoi discepoli disse: “Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11,2-3).
Giovanni con l’espressione Colui che viene (Mt 3,11) aveva indicato proprio il Cristo, precisando quello che era, a suo avviso, lo scopo del suo venire: colui che viene dopo di me (…) tiene in mano la pala e purificherà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile (Mt 3,11-12). Lo aveva identificato in Gesù di Nazaret, presentatosi presso il fiume Giordano per ricevere il battesimo (Mt 3,14); ma le opere del Cristo, nei resoconti giuntigli sull’agire di Gesù, erano molto diverse: nessun giudizio, nessuna condanna, nessuna punizione, ma misericordia, accoglienza, guarigione, perdono.
La risposta di Gesù agli inviati di Giovanni chiede anche a lui conversione (metanoia): cambiare aspettative, riconoscere i segni del Regno di Dio già in atto, avere pazienza (cf. Gc 5.7-10) pur nel carcere di Erode (Mt 4,12; 11,2)
Lo stesso ammonimento investe i discepoli di Gesù di ogni tempo, a cominciare da noi: desideriamo da Dio e dagli uomini soluzioni veloci e sbrigative; in qualunque situazione di vita, siamo sicuri delle nostre ragioni e opinioni; attendiamo impazienti la condanna … dell’altro.
Per Giovanni e per noi la conversione consiste nel saper ascoltare e vedere (Mt 11,4) le opere del Cristo, l’accadere del Regno: non paglia bruciata con fuoco inestinguibile (Mt 3.12), ma ciechi che tornano a vedere, zoppi che camminano, lebbrosi che sono purificati, sordi che odono, morti che sono risuscitati, poveri che ricevono una buona notizia (Mt 11,5; Is 35,5-6).
Conversione è riconoscere le opere del Cristo in noi: ciechi tornati a vedere per riconoscerlo Salvatore, storpi resi capaci di camminare verso di lui e verso fratelli e sorelle, lebbrosi purificati dalla lebbra del peccato e riammessi alla comunione con Dio nel suo popolo, sordi aperti all’ascolto della sua Parola, morti richiamati a vita nuova nel Battesimo, poveri ammessi alla mensa del Regno (Mt 5,1-12).
Le opere del Cristo sono la sua grazia all’azione in noi e intorno a noi, nonostante resistenze ed insufficiente consapevolezza; sono riconoscibili in uno sguardo positivo sulla storia degli uomini (cf. PAOLO VI, Allocuzione alla IX sessione pubblica del Concilio Vaticano II, 7 dicembre 1965), nei “segni dei tempi” che ne indicano l’evolversi: l’ascesa economico-sociale delle classi lavoratrici; l’ingresso della donna nella vita pubblica; non più popoli dominatori e popoli dominati; l’attenuazione di complessi di superiorità, derivanti dal privilegio economico-sociale o dal sesso o dalla posizione politica; la convinzione che tutti gli uomini sono uguali per dignità naturale; la persuasione che le controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (GIOVANNI XXIII, Pacem in terris, 21-25; 46-47;67)
Le opere del Cristo sono il mondo “creato e conservato in esistenza dall’amore del Creatore … sotto la schiavitù del peccato, ma da Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del Maligno, liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e giungere al suo compimento” (GS 2).