
Il Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) di Ostuni, accogliendo l’invito del Meic nazionale, ha rivolto un omaggio ed un pensiero alla memoria del Santo Padre Francesco, attraverso le riflessioni personali dei loro soci, che riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Mario Monopoli: Penso che Papa Francesco abbia compiuto sino in fondo la sua missione terrena: “Consummatum Est”!
Nei limiti di quello che poteva fare.
È stato e sarà per sempre un esempio di vita (rispettando tutti: laici, atei) prima, e di fede dopo.
Ha sempre messo al centro l’essere, con le sue fragilità e percezioni.
Che Papa sarebbe stato se si fosse occupato solo dei cristiani?
L’ultima Sua fatica è stata emblematica: ha reso Roma Caput Mundi dove si sono ritrovati (anche nella preghiera)tanti capi di Stato, dando loro l’input per creare nuove condizioni di vita nelle comunità!
Tutti i Papi sono stati buoni e bravi, ma Francesco è stato il Papa giusto al momento giusto! La scelta di un Papa, checché se ne dica, è pilotata da forza soprannaturali: come è giusto che sia.
Parlo da credente convinto!
Spero tuttavia che la sua missione non sia stata vana!
Maria Monticchio: Papa Francesco è tornato alla casa del Padre in un anno giubilare, al termine della settimana in cui celebriamo la salvezza che il sacrificio di Cristo ci offre con la sua Passione, con la sua Morte e con la sua Resurrezione. Il 29 novembre 2015 papa Francesco aveva aperto la Porta santa di un altro Giubileo, quello della Misericordia, nella Cattedrale di Notre-Dame di Bangui, nella Repubblica Centrafricana.
“Misericordia” deriva dall’aggettivo latino “misericors”, composto dal tema di “miserere”, aver pietà, e “cor”, cuore, come dire avere davvero pietà, con il cuore, con passione, una pietà attiva, sollecita, schierata, partigiana.
Questo è ciò che ci lascia: il dovere di saper distinguere il pietismo dalla pietà, la necessità di un cristianesimo attivo, vissuto nelle contraddizioni del mondo e non rifugiandosi in una pratica vuota, seguita solo per abitudine.
Silvano Marseglia: Molto vivo ed importante resta per me il messaggio di Papa Francesco con l’Enciclica “Dilexit nos”.
Il Papa, con questa Enciclica, ci invita a considerare l’uomo nella sua integralità ed a cogliere ciò che il cuore esprime. In maniera magistrale Egli ci richiama a considerare che nell’essere umano c’è una dimensione profonda che va al di là di ogni calcolo e di ogni apparenza: è la dimensione del cuore, la dimensione emotiva e sentimentale. Per questo Egli ci invita al dialogo cuore a cuore, perché è con il cuore che si possono vincere tutte le sfide. La riscoperta del cuore è la condizione per la salvaguardia della infinita dignità di ogni essere umano che riconosce nel proprio cuore la somiglianza con il cuore dell’altro.
Ogni relazione deve essere basata su sentimenti autentici con il desiderio di costruire una comunità di fratellanza. Questa è sempre stata la comunità che Papa Francesco ha cercato di promuovere.
Rachele Pomes: “A Papa Francesco” Ci hai guidato, quasi tenendoci per mano , col sorriso sulle labbra, a comprendere, a riscoprire la profondità del messaggio cristiano che è la Carità tra gli uomini, conseguenza naturale dell’amore di Dio .Ci hai dimostrato che la Carità è Fraternità da realizzare in mille forme, in ogni occasione di incontro con gli altri, nella consapevolezza di un Dio che ci ama. Ci hai mostrato fino alla fine come vivere la nostra fede, provando a scuoterci dal nostro torpore. Per tutto questo ti ringrazio Papa Francesco, per tutto questo la tua scomparsa ha lacerato il mio cuore.
Teresa Lorusso: Nel 2013, alla sua elezione, si attendeva un vento nuovo e lui, Francesco, ha avuto il coraggio di aleggiare quel buon vento di cambiamento. In una società che diveniva c’era bisogno di un Padre che potesse davvero avere occhi, orecchie e cuore per tutti…ma proprio tutti: credenti e non credenti di ogni genere. Ha risvegliato la fiducia di tanti che l’ avevano persa, smarrendosi per le vie dell’oscurità … Oggi possiamo solo continuare a pregare per Papa Francesco, per ringraziarlo e per far aleggiare lo Spirito Santo su chi si accinge a vivere il Conclave. Questo affinché ci sia continuità e non un fermo. La sua umiltà, da vivo e ora da morto, sia esempio per tanti.
Francesco Semerano: Faccio mie le parole del maggiore scrittore contemporaneo laico di Islanda Jón Kalman Stefansson nel volume il mio sottomarino giallo: “Il vento non conosce frontiere, il suo soffio le attraversa, i doganieri non possono farci niente. Restano impotenti di fronte alle burrasche, agli uccelli del cielo, alle mosche, ai ragni, al tempo, ai ricordi, alla letteratura. Tutte queste cose attraversano la frontiere senza dover presentare il passaporto, e tutte le armi e i dispositivi di sorveglianza che gli esseri umani hanno concepito e costruito per delimitarsi non servono a niente.” Un tema particolarmente caro a Papa Francesco, l’abolizione delle frontiere.
Roberta Bono: Buonasera a tutti. Il ricordo mio personale di Papa Francesco è del 9 novembre 2013 quando in udienza disse ai volontari unitalsiani di “…essere sempre sguardo che accoglie, mano che solleva e accompagna parola di conforto e abbraccio di tenerezza..” Credo che ogni Cristiano debba fare proprie queste parole senza voltarsi mai di fronte alla sofferenza sulle orme del Buon Samaritano. Grazie
Lilia Pacifico: È stato un gran camminatore nel mondo. Ha scelto di fare il suo ultimo viaggio con le sue umili e consumate scarpe ortopediche. Ha aiutato e supportato tutti ma proprio tutti. Ha lasciato le sue impronte ovunque sia andato. Grazie Santo Padre per il Suo Pontificato. Con San Francesco ci guiderai dal Paradiso.
Michele Sgura: Fin dall’inizio del suo pontificato Papa Francesco ha portato una nuova aria in un mondo ecclesiale sconvolto dall’inatteso e inconsueto passo indietro di Benedetto XVI. Lo stile del nuovo Papa, le sue parole, il suo invito ad essere “chiesa in uscita” ha fin da subito toccato le corde del mio cuore. Il mio impegno nel MEIC inizia proprio in quel tempo, stimolato dai tanti spunti offerti dal magistero di Papa Francesco: l’attenzione agli ultimi, in particolare ai migranti già al cuore della dell’attenzione del MEIC di Ostuni; una radicalità evangelica che si fa vita e testimonianza; la nuova impronta sinodale e il metodo del discernimento al posto della rigida applicazione ad ogni contesto di formule rigide che strizzano l’occhio più che alla legge dell’amore all’amore per la legge. E ancora l’attenzione alla tutela del creato, del bene comune; la fratellanza universale al di là di ogni distinzione di popolo, lingua, usi, cultura e religione. Il papa “venuto dalla fine del mondo” ha aperto lo sguardo della Chiesa romana alle lontane comunità, spesso molto più vivaci ed evangeliche, sparse in ogni angolo della Terra, perché la Chiesa è veramente cattolica, cioè universale, se i problemi dell’Amazzonia hanno la stessa rilevanza apostolica di quelle di una parrocchia europea ed occidentale. È stato un pontificato lungimirante che ha accolto in anticipo le attuali sfide dell’intelligenza artificiale; controcorrente nella denuncia della cultura dello scarto e non ultimo nel rilanciare la sfida della speranza ad un mondo individualista, chiuso ed autoreferenziale che, complice anche gli scenari di guerre e di crisi, fa fatica a sognare. La voce del Papa è stata scomoda sul tema della pace, a fronte della propaganda bellicista che sta colpendo un po’ tutti dall’Oriente all’Occidente, sul tema dei nazionalismi/sovranismi troppo spesso benedetti dalle rispettive autorità religiose, sul tema dell’accoglienza degli ultimi. Su questi punti sarà importante per la Chiesa mantenere dritta la direzione tracciata da Francesco nel solco del Vangelo. Resta tanto da fare nel coinvolgimento sempre maggiore del laicato, in particolare delle donne, nell’organizzazione di una chiesa sempre meno fortino in guerra contro il mondo e più focolare che accoglie e coinvolge chiunque con l’abbraccio amorevole del Padre misericordioso. Con gli occhi colmi di lacrime per il pensiero di non poter vedere e sentire più la sua presenza familiare, ma con la certezza di saperlo ora vicino a Dio e a tutti noi nella comunione dei santi, esprimo ancora una volta il mio grazie per tutto quanto donatoci in questi dodici anni di pontificato.
Leonardo Petraroli: Papa Francesco è stato grande per la sua Umanità, per il suo amore per l’essere umano, a prescindere da ogni considerazione etnica, economica, di status, etc. . La sua parola per confermare la dignità di ognuno non verrà fermata da chi dissemina odio e rancori per motivi di potere e di prevaricazione. Perché siamo un tutt’uno con Dio e lui l’ha sempre ribadito. Mi manca e sarà sempre nel mio cuore.
Leonardo Buongiorno: Riflessione su Papa Francesco: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (seconda lettera di Paolo a Timoteo) : quando è venuto a mancare Papa Francesco mi è venuto subito in mente questo brano della lettera di Paolo a Timoteo.
I dodici anni di pontificato di Papa Francesco sono stati caratterizzati da una intensa ed esemplare azione pastorale. Importanti sono state le sue Encicliche (Lumen Fidei, Laudato sì, Fratelli Tutti e Dilexit nos) ed altrettanto significative le sue lectio divinae e le sue omelie : ha sempre parlato un linguaggio semplice, comprensibile a tutti, anche quando i concetti che stava esprimendo erano complessi. Ha sempre utilizzato tutto il tempo a sua disposizione per dare concretezza alla sua vocazione religiosa (ricordiamo i dialoghi con i giornalisti in aereo durante i viaggi pastorali).
Ma Papa Francesco verrà ricordato soprattutto per i suoi “gesti”: la scelta di risiedere a Santa Marta invece che nei Palazzi Vaticani, di utilizzare una utilitaria per gli spostamenti, di vestire in maniera semplice e sobria, di mettere a disposizione dei senza fissa dimora il
colonnato di San Pietro e di fornire loro sacchi a pelo e coperte per poter dormire all’aperto, di visitare in più occasione i carcerati, di scegliere anche per la sua morte un rito semplice.
Quale la sua “eredità” ? «Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi». (Giovanni 13,1-15)
Maria Monticchio: Papa Francesco è tornato alla casa del Padre in un anno giubilare, al termine della settimana in cui celebriamo la salvezza che il sacrificio di Cristo ci offre con la sua Passione, con la sua Morte e con la sua Resurrezione. Il 29 novembre 2015 papa Francesco aveva aperto la Porta santa di un altro Giubileo, quello della Misericordia, nella Cattedrale di Notre-Dame di Bangui, nella Repubblica Centrafricana.
“Misericordia” deriva dall’aggettivo latino “misericors”, composto dal tema di “miserere”, aver pietà, e “cor”, cuore, come dire avere davvero pietà, con il cuore, con passione, una pietà attiva, sollecita, schierata, partigiana.
Questo è ciò che ci lascia: il dovere di saper distinguere il pietismo dalla pietà, la necessità di un cristianesimo attivo, vissuto nelle contraddizioni del mondo e non rifugiandosi in una pratica vuota, seguita solo per abitudine.
Mara Venuto: In qualità di poeta, della figura di Papa Francesco, di cui ciascuno ha sottolineato aspetti preziosi, sento di ricordare una lettera inviata ai poeti lo scorso anno, nella quale il Santo Padre ha investito noi autori del compito di farci testimoni delle fragilità e dei dolori dell’uomo, facendo appello alla nostra capacità di guardare ciò che è più nascosto e sognare una realtà diversa nelle pieghe della sofferenza e nei rovelli umani. La poesia non parte da princìpi astratti, ma mettendosi in ascolto della realtà stessa, ha scritto il Papa, cogliendo con profonda sensibilità un aspetto sostanziale della poesia, che nasce sempre dall’ascolto. Il poeta ascolta prima di scrivere, sé stesso, il mondo, gli altri, la vita, e la poesia è il ritmo con cui il poeta si accorda con la Storia e il suo tempo. La lettera del Santo Padre ai poeti, rintracciabile in rete con una semplice ricerca, fa luce su un altro suo tratto mirabile: l’amore per le lettere (aveva insegnato Letteratura in gioventù), la sua cultura umanistica, il suo cogliere il valore delle arti quali volano dello sviluppo umano. La poesia, d’altronde, è inscindibile dalla vocazione alla trascendenza: anche laddove laica si connota sempre di ricerca di senso e, sommessamente, di un fine immanente, è permeata da un anelito a un altrove che superi il contingente, dal dolore per la finitudine e la miseria dell’uomo. Per tutti i cattolici la figura del Papa è sempre un grande dono, e per noi autori le parole di Francesco e il suo esempio continueranno a rappresentare un mandato a cercare la Verità e a tradurla in amore per l’uomo, mettendo a frutto i talenti ricevuti per un bene più alto.
Gianfranco Moro: Mi accingo a dare la mia testimonianza sulla figura di Papa Francesco. Ed inizio proprio facendomi una domanda: ” Chi è stato per me Papa Francesco?”.
Per me è stato un grande Papa, che sicuramente lascerà un segno nella vita e nella storia della Chiesa. È stato il Papa delle “aperture” , un Pontefice che ha scardinato gli atavici e precostituiti sistemi della Curia Cardinalizia .
Già la scelta del nome, Francesco, ha segnato una rottura con il passato, prendendo un nome di cui nessun Pontefice, prima di lui, si era fregiato.
Tale scelta, però, è stata sicuramente voluta, mettendo in atto quello che San Francesco nel 1200 aveva scritto nella sua regola.
Infatti, appena salito al soglio di Pietro, ha condotto una vita sobria, relegandosi non nei Palazzi Pontifici, ma scegliendo di abitare a Santa Marta, sempre a contatto con la gente e a servizio della gente.
Animato da questo spirito francescano, ha dato luce, nel corso degli anni, a due bellissime encicliche: la “Laudato si’ ” e la “Fratelli tutti” nelle quali si è soffermato sull’amore e sulla cura del creato nella prima, mentre nella seconda l’attenzione si è spostata sull’ amore per il prossimo.
È stato un Pontefice non “per la gente” , ma “tra la gente” : spesso infatti lo si vedeva da solo, in giro, tra le strade di Roma, specialmente nei primissimi anni di Pontificato, salutando e fermandosi con le persone lungo la strada, proprio come faceva Gesù quando attraversava le strade della Palestina.
Rimarrà il ricordo di questo Pontefice, il Pontefice delle varie aperture, il Pontefice della Chiesa in uscita, da lui tanto voluta e desiderata, che ha dato alla Chiesa un cambio di rotta, secondo quelli che erano gli insegnamenti evangelici voluti da Gesù.
Maria Lora Minetti: Non possiamo non sentire forte il vuoto che Papa Francesco ha lasciato.
È stato un uomo che ha saputo mostrare le ferite del mondo senza mai arretrare camminando in mezzo al popolo infondendo fiducia e speranza. Lo ha fatto fino alla fine.
Il giorno di Pasqua pur senza forze né voce si è donato in un ultimo abbraccio di amore alla sua gente.
Ora ci sentiamo dubbiosi, timorosi, smarriti, ma pur nel dolore per questo distacco, deve prevalere in noi la gioia e la gratitudine per il dono che Papa Francesco è stato per la Chiesa e il mondo intero.
Ferdinando Sallustio: Quando Papa Francesco parlava, parlava al mondo: ma, ogni volta che lo faceva, sembrava stesse parlando con ciascuno di noi. “Ehi, dico a te!” sembrava che cominciasse così ogni Suo discorso, che concludeva con: “Non dimenticate di pregare per me”. Era il migliore Amico del mondo, anche di quelli lontani dal credere, e, purtroppo, l’avversario di molti che avrebbero preferito un’attività più tradizionale e composta, lontano dalle reali necessità del “popolo” come Francesco chiamò la Chiesa fin dalla Sua prima uscita da Papa, il 13 marzo 2013. Un immane progetto di rinnovamento si è spesso intrecciato con resistenze interne che sconfinavano in un neofariseismo che ancora alberga in alcuni ambienti; resta nella Storia l’impegno per il mondo e restano le singole parole dette a chi soffriva, anche al telefono, come con la Parrocchia cattolica di Gaza fino al Suo ultimo giorno, come al papà di Pezze di Greco la cui moglie era morta a Brindisi subito dopo aver dato alla luce due gemelli, come il “Coraggio, ragazzi!” che esclamò, stringendo il braccio di mio figlio, e la mano a mia figlia, quando io stesso, rivolgendomi direttamente a Lui e quindi violando il protocollo della nostra udienza per i giornalisti cattolici italiani (eravamo 400, era il 2017) gli dissi che avevano perso la loro Madre pochi mesi prima…