Messaggio per Natale 2025

Messaggio per Natale 2025
14 Dicembre 2025 Nicola Moro

LASCIAMO CHE IL CIELO TORNI SULLA TERRA

 

Carissimi fratelli e sorelle che Dio ama,

il Natale ci ripropone la colonna sonora che accompagna l’evento della nascita di Gesù e che in questo tempo della nostra storia, particolarmente buio e angosciante, diventa il messaggio che Dio propone alla nostra inquieta umanità, perché ritrovi la via della pace.

Così scrive l’Evangelista Luca nel brano che narra la nascita di Gesù: «E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”». (Lc 2, 13-14).

La nascita del Bambino Gesù che avviene in una periferia sconosciuta del mondo, grazie alle parole della moltitudine dell’esercito celeste, diventa un evento cosmico della storia della salvezza: quel Bambino «è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne» (Ef 2, 14).

Questo canto dell’esercito celeste presenta importanti correlazioni con l’acclamazione della folla che accoglie Gesù a Gerusalemme: «Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!”»  (Lc 19, 37-38).

Sembra che la nascita a Betlemme del Bambino divino e l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, come re che cavalca un asinello, si richiamino e, in queste due occasioni, un unico canto unisca, fusi in un’unica vicenda, il cielo e la terra; i due momenti della vita di Gesù: la sua nascita e l’ingresso a Gerusalemme, non lasciano indifferenti la terra e il cielo.

Cogliamo nei due testi del Vangelo di Luca un messaggio forte: sulla terra Dio ha mandato il re che viene nel nome del Signore, in corrispondenza, nel più alto dei cieli ci sono pace e gloria; il cielo e la terra entrano in relazione attraverso Cristo che è la gloria di Dio, che è la pace di Dio.

La luce che avvolge i pastori che fanno la guardia al loro gregge, nella notte di Betlemme, è la gloria di Dio, è Dio stesso che da sempre è luce e in Lui non c’è oscurità. La prima cosa creata da Dio è la luce: «Dio disse: “Sia la luce”: E la luce fu» (Gen 1,3); alla Genesi fa eco l’Evangelista Giovanni con le parole scritte nel prologo del suo Vangelo: «In principio era il Verbo […] In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,1.4-5).

Dal cielo viene alla terra la luce e la terra senza la luce del cielo è buia e inospitale, e con la luce viene alla terra la pace. La pace cantata dall’esercito celeste a Betlemme non è la Pax augusta entro il cui orizzonte l’evangelista Luca colloca il racconto della nascita di Gesù. Infatti, sembra che a muovere il mondo sia il decreto dell’imperatore Augusto che ordina il censimento e a questo ordine sono assoggettati anche Giuseppe e Maria, che tornano nella terra in cui sono le radici di Giuseppe, per farsi censire.

C’è un’altra pace, che senza far rumore si sta affacciando dal cielo e che non si afferma con la forza degli eserciti ma si impone con la soavità della luce e così era stata annunciata dal profeta Isaia: «Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo Regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre» (Is 9,6).

Il canto dell’esercito celeste dice che la pace, quella vera, si diffonde tra gli uomini di buona volontà; perciò, la pace è destinata agli uomini, non semplicemente in quanto abitanti della terra, ma in quanto circondati dall’amore di Dio verso di loro. La pace cantata dagli angeli è promessa agli uomini in quanto essi sono oggetto del disegno amorevole di Dio.

Dunque, la pace non va intesa solo in senso politico e mondano, ma è collegata alla buona volontà di Dio: agli uomini oggetto della benevolenza di Dio, del suo amore misericordioso e fedele, e dunque, il suo piano si compie nel discernimento dell’uomo. La pace donata da Dio ha bisogno di essere scoperta come accoglienza consapevole del dono divino agli uomini.

Perché la pace sia vera, duratura, sincera, c’è bisogno di riaprire la terra al cielo; estromettere il cielo dagli affari della terra ha ridotto la terra a un campo di battaglia sul quale ogni giorno si affrontano a duello gli interessi personali dei più forti, dei signori della guerra, e le conseguenze sono a carico dei poveri, indifesi, che considerati scarto possono essere sacrificati come male minore o come errore di valutazione dell’intelligenza artificiale a servizio della morte.

Estromettere il cielo significa estromettere Dio dal circuito della terra e non c’è niente di più anti-natalizio di questo. Il Dio fatto uomo, che si è incarnato nella storia e che come risorto, in Cristo, Signore della storia, continua ad abitarla, è ignorato, emarginato o devitalizzato e ridotto a clava da brandire contro il nemico infedele.

I tentavi, più o meno scenografici e pubblicitari che hanno caratterizzato la ricerca della pace in questi ultimi tempi hanno ignorato il cielo e si sono concentrati nella ricerca di equilibri umani per conservare il potere assoluto sulla terra e sui suoi abitanti, considerati non nella loro dignità ma come massa umana da sacrificare all’occorrenza, alla realizzazione di progetti strategici dettati da esigenze superiori.

Che cosa ci può essere di superiore alla persona umana, assunta da Dio e fatta risplendere in tutta la sua bellezza e dignità?

Se negli ultimi tempi abbiamo assistito alla più grande umiliazione dell’umanità, dal termine della Seconda guerra mondiale, è perché abbiamo sempre più escluso Dio dall’orizzonte della terra: il primo vero, geloso garante della dignità umana.

Non ci possono essere negoziati, trattati, piani di pace che possano prescindere dal rispetto della dignità umana, dalla costruzione della giustizia, della libertà e della verità e dal giusto e adeguato progresso integrale e sostenibile per tutti.

La spartizione dei territori, anche in base alle risorse del sottosuolo, da parte dei moderni imperi e degli aspiranti tali, ha riportato indietro le lancette della storia e sta gradualmente dissolvendo il paziente e sapiente lavoro che era stato fatto all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale; l’individualismo sta diventando modello politico, fondato sul riarmo e sul potere economico, per affermare la propria potenza e intimorire l’avversario.

Se lo scenario mondiale ci inquieta e angoscia, tuttavia, noi credenti non possiamo mancare di speranza e vediamo in una rinnovata alleanza tra cielo e terra, in un cammino comune di Dio e dell’uomo, il presupposto imprescindibile per la costruzione di un mondo nuovo, che non sia frutto di equilibri di egoismi, di armi, di algoritmi economici, ma accoglienza della gloria di Dio che risplende nell’uomo vivente: uomini, donne, bambini, anziani, nella loro diversità sessuale, culturale, sociale, razziale, religiosa, che hanno diritto a vivere in pace e abitare la propria terra e la propria casa,  per costruire uno sviluppo sostenibile, nel rispetto dell’ambiente, nella professione del proprio credo religioso, nell’uso delle proprie risorse per il bene comune e la crescita dignitosa di tutti.

Il Natale del Signore ci riconsegna l’energia per credere in un mondo nuovo, in cui cielo e terra si integrano alla perfezione e il grande progetto di Dio: «Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16-17), torna ad essere un progetto possibile, anche per gli uomini che Egli ama e sia tradotto in processi politici, economici, sociali culturali e ovviamente religiosi.

Il grande garante dell’umanità è Dio! Il grande garante della pace è Dio! La storia ci ha dimostrato che non è Dio a nuocere all’uomo, quanto l’uomo, ubriaco e infatuato della sua potenza, al punto di credersi Dio, che nuoce a sé stesso e ai suoi simili.

Noi, gente comune, credenti, consapevoli della propria fragilità, vogliamo impegnarci a fare la nostra parte negli ambienti dove la provvidenza di Dio ci ha messo a vivere. Ci impegniamo a vivere su questa terra che non rinneghiamo, senza dimenticare il cielo; vogliamo dipingere la terra di cielo e contaminare il cielo di terra, autorizzati da Colui che si è contaminato con la nostra umanità e che ancora una volta, con i nostri padri professiamo: vero Dio e vero Uomo!

Ci impegniamo a vivere disarmati e a coltivare progetti disarmanti; vogliamo mettere i dazi a tutto quello che è cattiveria, maldicenza, calunnia, discredito degli altri in tutte le forme e attraverso ogni mezzo, individualismo, autoreferenzialità e tutti quegli atteggiamenti che creano conflitti e logorano i tessuti comunitari.

Vogliamo creare nelle nostre comunità spazi di dialogo, di incontro, di accoglienza, di integrazione per educare e dare corpo concretamente alla pace, perché siamo convinti che la pace è possibile!

Con le parole di una poesia della Madre Anna Maria Cànopi, vorrei che avessimo un pensiero di affetto fraterno verso tutti coloro che non avranno pace nemmeno in questo Natale, perché non perdano la speranza e che, magari anche fuori stagione, arrivi anche per loro il Natale di un mondo nuovo.

Altro Natale: culle insanguinate senza lacrime di madri,

pianti sconsolati di fame, senza latte, senza pace, senza ninne nanne.

Altro Natale, non con il piccolo presepe tra gente semplice, fedele,

ma su strade d’asfalto, tra l’urlo dei motori nel brivido della morte violenta.

Altro Natale senza compassione, dove Tu, Dio, vuoi nascere ancora per amare con cuore d’uomo.

Vieni, non mancare, perché c’è sempre Lei ad aspettarti in mezzo a noi:

la Povera, la Vergine, la Madre.

 

A tutti, amiche e amici, donne e uomini che Dio ama auguro un Natale di pace, con l’auspicio che nel tempo che si aprirà davanti a noi finalmente, lo Spirito del Signore susciti una umanità che sia germoglio di pace e decida in cuor suo di costruire un mondo in cui: «Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare» (Is 11, 6-9).

A tutti il Signore dia pace,

BUON NATALE!

 

 

Il Vescovo Giovanni

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